Ciao Alessia,
da
dove comincio? Piacere sono Pier ho 38anni e sono laureato. Messa così sembra una seduta degli alcolisti
anonimi o
del club dei laureati anonimi (?). E'
meglio se vado con ordine ...che prima di definire la mia vita un fallimento,
prima ci devo arrivare per gradi. La mia carriera inizia tardi, si perché
terminate le medie mica sono andato subito al liceo, dopo aver lavorato (in
nero) per un po’ mi son detto: “qua se vuoi un futuro ci vuole un titolo (di
studio)!” Così istituto tecnico fu, perché tra tutti era quello che dava più
possibilità lavorative, o almeno così pareva. Arrivato il diploma è iniziata la giostra dei
colloqui, e niente, un bel pezzo di carta, poca esperienza e tanti lavori da
magazziniere per cui serviva la terza media e già col diploma ti guardavano
male, che uno poi si convince di non valere nulla, e li vedevo i miei compagni
di scuola modellarsi su quei posti da commesso al supermercato dopo aver
studiato elettronica. Perché meglio che niente mi ci sono adattato anche io.
Dopo
un anno di questa solfa, e nessuna prospettiva, ho deciso che avrei seguito il
mio sogno che sino ad allora era rimasto nel cassetto. Così mi sono iscritto
all'università, a 23 anni e tutti a dirmi: che ci vai a fare? E io che mi
dicevo, mi piace è un mestiere che sento di voler fare, darò il mio meglio. La
vita dello studente lavoratore è infima, ma si fa, perché c'è il sogno che
spinge, così mi sono laureato in architettura, due anni fuori corso. Esame di
stato e tutto il resto. Non è stato facile ma ci sono riuscito, nonostante i
miei preferissero vedermi nel classico posto fisso. Ero pronto per la
professione dei miei sogni.
La
prima novità fu che lo studio per cui avevo lavorato prima della laurea mi
disse: ora che hai una laurea non possiamo tenerti, perché chissà quanto ci
costi. Complimenti e buona fortuna. Notare che mi pagavano in nero, ma tant'è
un laureato tra i piedi li metteva a disagio. Tutto il resto dei lavori che
avevo fatto prima della laurea erano talmente precari che non avrebbe avuto
senso metterli nel CV.
Così
iniziò il mio gioco dell'Oca. Per la fase spedizione CV e colloqui lascio agli
altri post di questo blog descrivere la situazione, che anche lì uno pensa
certo ho fatto lavori non pertinenti alla mia professione, ma se uno deve
pagarsi affitto stanza, magari il vitto e i libri , non è che può andarci col
naso fine, quindi può un futuro architetto dire che ha fatto il cameriere,
l'imbianchino, il manutentore di campi da tennis, il pulitore di piscine, il
fattorino (?) NO!
Non
lo fai un po’ perché te ne vergogni, o meglio te ne fanno vergognare, e un po’ perché
è meglio evidenziare le esperienze qualificanti. Così qualche collaborazione
con qualche studio conosciuto la metti perché c'è stata. Ma non basta e la
frase di rito è: lei non ha esperienza. (ancora?) Cosa che ti taglia
notevolmente le gambe e l'umore. Ma si rimedia, con qualche corso di formazione
specifico: autocad, bioarchitettura. E poi la menata dell'età; come mai si è
laureato così tardi ? e li a spiegare, perché un CV standardizzato è comunque
limitante, soprattutto quando chi lo legge ragiona con la logica della
raccomandazione e della lobby di professionisti.
Così
ricomincia la fila dei lavori in nero, a ritenuta d'acconto, quando va bene, di
aprire partita Iva non se ne parla perché son costi, e si vive sempre nella
speranza che ci sia bisogno di te dopo la consegna, che serva una persona in
più e che il figlio del cugino dello zio del titolare, decida di laurearsi e
aprirsi uno studio tutto suo e lasci libera la scrivania accanto. Insomma è una
sequenza di speriamo che me la cavo e intanto uno stringe i denti e fa del suo
meglio. Perché mi hanno insegnato che c'è la gavetta e che se si è bravi si
emerge. Ma intanto cerchi dell'altro perché la vita da praticante perpetuo dopo
un po’ sta stretta. Così arriva la proposta di un contratto a tempo
indeterminato che fai la rifiuti? No! Ed eccomi commesso di libreria,
bell'ambiente, bel lavoro, certo un architetto che ci fa in una libreria (?)
Ma
alla fine va bene anche così e si apre un ventaglio di nuove competenze nel
settore del commercio. Inizio a fare scelte editoriali, merchandising,
allestimento vetrine, e la cosa mi piace. Poi il settore va in sofferenza ed
ecco qui la parola magica è mobilità. Non dopo aver scoperto che l'ex Azienza
si è anche dimenticata di pagarmi i contributi. La giostra riprende, CV,
agenzie interinali, annunci, colloqui, questa volta tutti a chiedere, ma non ha
fatto esperienze qualificanti per la sua professione? come mai non ha fatto la
libera professione? Che a quel punto lo sanno benissimo che se non sei nella 'casta'
difficilmente fai la libera professione.
Comunque
quando ti presenti con un CV stilato dal Centro dell'impiego, le uniche
esperienze lavorative valide sono quelle in regola, il resto è fuffa! Dopo un
numero infinito di giri per uffici e studi professionali, ho trovato un lavoro
pertinente per due soli motivi, chi mi assumeva avrebbe avuto le agevolazioni del
lavoratore in mobilità e mi hanno raccomandato
si perché nella situazione, disastrosa, in cui mi trovavo con oltre sei mesi di
stipendi non pagati, l'unica speranza di non affondare era la raccomandazione,
così ho oliato amici e conoscenti e dopo mesi di stalking alla fine alla fine arriva prima una
prestazione occasionale, poi un contratto a tempo determinato, poi un altro e
poi mi chiama il capo: eh non vorrà mica essere riassunto, tanto più che sono
scadute le agevolazioni per i lavoratori in mobilità quindi se può farci il
favore apra partita IVA e noi le diamo il netto in busta.
Ho
accettato perché il lavoro mi piaceva, l'ambiente era uno schifo, ma che fai li
deludi dopo che ti hanno fatto il favore di farti lavorare? No. A farmi
ravvedere fu il mio commercialista.
I
motivi economici sono universalmente noti no? fattura dello stesso importo del
netto in busta e chi ci arriva a fine mese così? Irpef, Iva, iscrizioni
varie e ti chiedi: ma gli studi di settore per chi sono stai fatti, per
professioni già avviate. Quindi grazie e arrivederci. Ho chiuso tutto. Che
resta? un pugno di mosche e la certezza che arrivato a 40anni la pensione non
la vedrò mai. Così uno si ricicla, ed oggi eccomi qui con un laboratorio di
falegnameria e restauro mobili, creative designer; lavoratore autonomo per
necessità, una passione che è diventata lavoro, che però arranca (c'è la crisi
non dimentichiamolo) e se devo dirlo, se pagassi tasse, confartigianato, Inail
e tutto il resto non solo non arriverei a fine mese, ma avrei anche fatto dei
debiti e quindi? lavoro in nero.
Ora io mi chiedo seriamente,
dove ho sbagliato?
Quando
ero appena laureato, ho visto quasi tutti i miei compagni di università
andarsene all'estero, chi in Inghilterra chi in Francia, io ci ho pensato e mi
sono detto che oltre a non avere i soldi per la fase start-up all'estero, non
avevo voglia di abbandonare il mio paese, la mia città, per cercare un lavoro
che avrei trovato qui, con impegno, competenza. Io ci credevo alla
meritocrazia, credevo in me e nella mia capacità, nell'impegno che metto nel
lavoro.
Mi
sbagliavo, sono rimasto e mi sono adeguato al sistema Italia, e avevo vergogna
a dire ai miei genitori che il lavoro che facevo era sottopagato e per arrivare
a fine mese dovevo integrare il mio lavoro da architetto con altri, e ad un
certo punto dici: ma lavoro per vivere o vivo per lavorare? Mi fa male scrivere
queste cose per il semplice fatto che non so se oggi sono uno sconfitto, devo
ancora capirlo e spero davvero che scrivendo queste righe riuscirò ad auto
illuminarmi e vedere una strada per il futuro. Perché in questo momento sto
vivendo alla giornata, infrangendo tutte quelle regole per cui mi incazzavo
sino a pochi anni fa.
Ma
una certezza che ho maturato è andatevene dall’Italia, salvate i vostri sogni
credeteci e perseguiteli dove il terreno è fertile, e non avvelenato da
raccomandazioni, ipocrisia e piaggeria, dove non vi facciano sentire ospiti
indesiderati, ignoranti e inadeguati solo per sfruttarvi e gettarvi via come
limoni spremuti. Insomma io lo leggo da un po’ questo blog ed ogni volta ad
ogni post c'è una fetta di vita che mi fa star male. Concludo con questo video,
giusto per non essere troppo negativo perché chissà che questa crisi non serva
per togliersi di torno tutti questi parrucconi corrotti e saccenti che da oltre
trent'anni soffocano chi ha voglia di cambiare un sistema che è arrivato alla frutta.