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venerdì 31 agosto 2012

IO HO UNA DOMANDA


Cari “giovani colleghi di mille sacrifici”, chi scrive è un ragazzo di 30 anni, che per motivi di privacy dettati da accordi con il datore di lavoro, preferisce mantenere l’anonimato.
Da qualche tempo ho iniziato a seguire Alessia e devo dire che mi affascina proprio sia per le forme sia per il modo di affrontare questa tipologia di problematiche, a dir poco senza precedenti.
Vi riporto la mia storia personale.
Prima calciatore, poi per motivi di salute (per fortuna non gravi) ho dovuto abbandonare, così motivato dalla vita, decisi di iscrivermi ad un corso di laurea in Economia e Gestione dei Servizi Turistici, pensai che vivendo in un luogo ricco di risorse turistiche, questo fosse l’indirizzo giusto da scegliere. Così feci, mi laureai alla triennale ed ecco puntualmente il primo riscontro nella società… Centinai di CV inviati accompagnati da un silenzio tombale! Eppure avevo espresso il massimo durante il percorso di studi e dicendo grazie ai sacrifici dei miei genitori imparai benissimo anche l’inglese. Come chiunque avrebbe fatto al posto mio, mi chiesi il perché di tale assenza di opportunità, e dire che come prima esperienza mi sarei accontentato di svolgere qualunque lavoro, seppur convinto e consapevole di quanto avessi studiato… A quell’interrogativo trovai, al tempo, risposta; così, mi presi d’impegno e di sacrificio e continuai con l’università… Magari il limite era la laurea triennale… Iscritto e laureato alla specialistica in Scienze Economiche e Finanziarie, riuscii a colmare il difetto di preparazione universitaria. A tal punto sperai di essere pronto per ottenere un minimo di considerazione nel mondo del lavoro. Il tempo passava ma nessuna risposta ricevette, anzi, ricordo di aver sostenuto qualche colloquio per istituti di credito, molte speranze affondate dall’incalzante crisi limitarono le possibilità e se qualche possibilità ci poteva essere, fu subito stroncata dal fatto di non avere nel CV esperienza… Ma se tutte le aziende chiedono esperienze, allora quale sarà la fine di tutti i neo-laureati?
Cercai anche di svolgere un’attività privata, ho iniziato ha presentare progetti turistici, cercavo di fare a “spallate” con le varie amministrazioni locali per vendere e per creare situazioni di benessere, ma nessuna considerazione. Forse troppo piccolo per progetti così grandi, o forse troppo presuntuoso per amministrazioni così povere. Colpito dalla rabbia, iniziai a studiare per un concorso, presso l’Agenzia delle Entrate, vinsi ed entrai finalmente nel mondo del lavoro… Ero felice perché iniziai con la mia prima esperienza lavorativa… Ma non potevo essere soddisfatto, forse sbagliando perché oggi ci si dovrebbe accontentare! Scelte di vita, scelte testarde, forse sbagliate mi portarono ad abbandonare il lavoro trovato e mi rivolsi all’estero, in particolare al sogno inglese, lingua che tanto avevo studiato e che tanto mi era piaciuta. Mi trasferii in UK, mi inserii e dopo qualche settimana di permanenza trovai anche il lavoro che tanto desideravo. Oggi, lavoro per una famosa società d’investimenti che ha clienti in tutto il mondo. Si vendono progetti capaci di creare valore, ricchezza e posti di lavoro; ma pochi di essi hanno ha riferimento il territorio italiano perché molte tasse, molte sono anche le pressioni di ogni genere.
I sacrifici, vi giuro che li ho fatti e ancora oggi continuo a farli tanto che, ritornerei nel luogo che mi ha visto crescere, anche senza una sola moneta nelle tasche. Ma, prima ho l’esigenza di essere soddisfatto almeno una volta nella vita. Allora pongo una domanda: premesso che, come narrava Sant’Agostino “nessuno mai ha conosciuto la gioia per desiderarla così tanto”
Ma perché i sacrifici fatti dai giovani italiani riescono a trovar risconto  nella maggior parte dei casi all’estero? Che cosa c’è di tanto strano in noi giovani italiani da non essere capiti dal nostro stesso territorio? Perché molto spesso all’estero ci capiscono, o meglio cosa di noi non viene compreso qui? 

mercoledì 29 agosto 2012

IN SELLA ALLA MIA MOTO: DIREZIONE LONDRA!


Cara Alessia, sono appena venuto alla conoscenza del tuo blog e viste le mie ultime avventure ho pensato ti farebbe piacere sentire il mio parere.

Mi chiamo Nicola, ho 26 anni, diplomato come Ragioniere perito programmatore e con un discreto bagaglio culturale e lavorativo.

3 settimane fa sono partito, in sella alla mia moto, verso Londra. Splendida città dove vivo attualmente e dove penso di rimanerci per un bel pezzo. Perché sono partito? Perché l’Italia purtroppo non ha più nulla da offrirmi. Ma forse è meglio raccontarti tutto dall'inizio.



Al momento della classica domanda “cosa vuoi fare da grande?” nella tenera età dei miei 15 anni non ho saputo dare risposta e ho iniziato gli studi in un ITC. Al terzo anno, quando assaggiato i primi stralci di codice, ho capito cosa volevo fare: programmatore! Ci sono riuscito? Al momento no…

Mi sono diplomato e dopo un paio d’anni di scalata verso una laurea sono inciampato nella troppa matematica e ho a malincuore lasciato gli studi.

Nel mentre sono venuto alla conoscenza di un nuovo tipo di attività commerciale nato in america e in lenta diffusione a livello mondiale. Ho discusso con i miei genitori e dopo una riflessione sui rischi vari ed eventuali ho aperto il mio negozio in cento a San Martino Buon Albergo.

Le cose inizialmente andavano benissimo: molti clienti, un intervista dall’Arena con tanto di foto a colori del mio faccione sorridente, un intervista di telearena con servizio mandato in onda in prima serata….purtroppo dopo un anno iniziarono i problemi. Tasse esageratamente alte e spese varie hanno iniziato ad accumularsi e ho dovuto chiudere.


In molti mi hanno fatto i complimenti per averci provato e di questo sono molto contento, ma se mi dovessero chiedere “lo rifaresti?” risponderei dopo 0,001 millisecondi con un chiaro NO. Sto ancora pagando lo scotto di quell’attività. Nonostante siano passati quasi 4 anni dalla chiusura mi arrivano puntualmente lettere statali/comunali/provinciali/di enti pubblici/di enti privati che mi chiedono soldi per spese relative a un attività REGOLARMENTE CHIUSA, a cui io rispondo con la copia dei documenti di chiusura o con qualche lunga telefonata. 


Questo è il primo motivo che mi ha spinto a lasciare l’Italia.

Dopo il mio fallimento ho iniziato a cercare lavoro nell’ambito della programmazione. Molti colloqui, ma tutti che si riducevano con un “ha esperienza nel settore?”NO, “ha una laurea?” NO, “è mai andato all’estero?”NO (secondo motivo per cui ho lasciato l’Italia)…ok le faremo sapere.

Mi sono ridotto a fare il magazziniere per un anno. Nonostante il lavoro fosse ben pagato e il datore di lavoro la persona più onesta e gentile che io abbia conosciuto, chiuso in quelle quattro mura sentivo che stavo buttando la mia vita. Avevo bisogno di un lavoro gratificante o che perlomeno mi desse la parvenza di felicità. 

Dopo un anno ho trovato un lavoro più adatto alle mie capacità con un interessante possibilità di carriera, ma allo scadere del periodo di prova vengo liquidato con un “E’ TROPPO BUONO PER QUESTO LAVORO…”


E’ stato un bruttissimo colpo per la mia autostima e ne è seguito un periodo buio della mia vita: tra la disperata ricerca di un lavoro adatto a me e le continue respinte da parte di ogni azienda a cui andavo a propormi ho dovuto affrontare anche la perdita di mio padre, morto di cancro all'età di 44 anni per colpa dell’amianto respirato per anni lavorando per LE FERROVIE DELLO STATO (terzo motivo per cui ho lasciato l’Italia)



Dopo 6 mesi dall'ultima volta che ho visto uno stipendio nel mio c/c ho iniziato a pensare a Londra. Sempre più le mie ricerche su google finivano in qualche forum o sito di annunci di lavoro londinesi. Ho iniziato a progettare il mio viaggio. Dove sarei andato, cosa avrei fatto, quanti soldi mi ci sarebbero voluti…e dopo qualche mese, il 4 di agosto carico le valige, ed eccomi qui! (chi volesse approfondire:http://nikadventure.blogspot.co.uk/)

Che dire della mia scelta? Più che azzeccata! Dopo 9 giorni dal mio arrivo ho ricevuto la prima proposta di lavoro: chef in un ristorante (senza esperienza.ho fatto il pizzaiolo per un periodo). Dopo 16 giorni dal mio arrivo ho ricevuto 6 diverse proposte di Lavoro (e ho fatto le stesse cose che facevo in Italia per trovarlo: CV mandati via mail tramite siti di annunci e CV lasciati nei posti dove avrei potuto trovare lavoro).

Le persone? Ogni persona che incontri è cordiale e sapendo di avere di fronte una persona che sta imparando la lingua cerca di aiutarti parlando lentamente e spiegandoti se possibile.

I luoghi? Magnifici



Ho l’impressione che il mio sogno di diventare programmatore qui a Londra non è così irrealizzabile come in Italia. E quando tornerò potrò finalmente dire ai colloqui: SI alle domande ha esperienza e è stato all'estero

Buon continuo per il tuo blog 

sabato 25 agosto 2012

UNA "LETTERA DA LONTANO"


Cari lettori, mi sono presa qualche giorno di riposo dovuto all'ondata di caldo e ad alcuni impegni lavorativi!
Ebbene si, anche io ho lavorato, ho persino firmato un contratto di ben 11 giorni. 
Spero solo che esista la reincarnazione,, così nella prossima vita riuscirò a maturare i contributi necessari per andare in pensione. 
Oggi si riapre con una "lettera da lontano" di un ragazzo spagnolo che mi ha scritto ieri sera dopo aver letto l'articolo su Cafebabel http://www.cafebabel.es/article/41860/carta-alessia-bottone-becaria-onu-camarera.html, che da ieri è stato tradotto anche in spagnolo. 

Trovo interessante pubblicarla, non solo per le belle parole, ma anche perché proviene da un paese che come noi, (mi permettete una licenza poco poetica?) sta vedendo i sorci verdi! Ecco a voi il testo! 

Hello Alessia:

I have read an interview about the letter you sent to the minister and about your personal situation. As said, thanks for being the voice of so many European young (and not so young). I hope we rise our voices and say to the world that we are the future, and If they don't do something soon, all the system will collapse in not so many years. 

As you, I completed my bachelor degree, master courses, and my PhD is almost finished, I have been working in foreign companies for months and collaborating with research groups all around the world. However, I feel that I don't fit in Spain, and I am already planning where to go next year since there is not any future in my country. Indeed, I can say that I am lucky since, as an engineer, is easier for me to find a job in another country. However, I can also see the desperate situation of a lot of friends that now don't know how to face the future. Live that under the thirties, and after dedicate so many years to preparate yourself for the future is quite tough. 

Again, thank you so much for that letter, and for everything you are doing. The words will never disappeared.

All the best,
Luis

martedì 14 agosto 2012

NON PERDETE DI VISTA LA META!


Ciao a tutti,

sono stato invitato da Alessia a scrivere qualche riga sul mio sogno raggiunto e ho accettato ben volentieri.


Mi chiamo Giacomo, ho 27 anni, sono nato e cresciuto a Verona e provengo da una famiglia semplice che si è sempre prodigata in tutti i modi per non farmi mancare nulla e per farmi studiare.


All'età di 13 anni, un test di orientamento per la scuola superiore indicava per me due strade: ragioniere o controllore del traffico aereo. Due lavori davvero lontani uno dall'altro.
Nella mia città la scuola di indirizzo aeronautico è solamente privata ed il costo per la mia famiglia era insostenibile e così mi iscrissi a ragioneria portandola poi a termine con il massimo dei voti.



Al termine della scuola superiore mi iscrissi ad Ingegneria Aerospaziale a Forli perchè dentro di me restava quella grande passione per gli aerei che avevo da bambino.


Durante il periodo universitario ebbi modo di venire a contatto con ragazzi che frequentavano il corso per CTA (Controllori del Traffico Aereo) presso l'E.N.A.V. Academy di Forli e cosi mi è tornata la voglia di inseguire nuovamente quel sogno abbandonato all'età di 13 anni.
Tentai di partecipare alla selezione del 2005 ma non venni ammesso per "colpa"del mio diploma non corrispondente ai loro criteri di ricerca; non mi persi d'animo e tentai la selezione presso Eurocontrol a Maastricht,pronto a lasciare tutto e a trasferirmi in Olanda per tutta la vita...purtroppo anche lì non andò bene.
Finalmente nel 2007 riesco a partecipare alla selezione ENAV e vado ad affrontarla sapendo che poteva essere la mia ultima occasione; eravamo davvero tanti partecipanti per pochi posti e ogni persona a cui parlavo di questa mia selezione tentava di distruggere il mio sogno dicendo "è impossibile che passi senza spinte all'italiana!". Non mi sono fatto condizionare da nulla e da nessuno e ho dato il massimo fino all'ultimo.Ad aprile 2009 ho saputo di aver superato la selezione e ad aprile 2010 sono stato convocato a Forli per l'inizio del corso in Academy.


Il corso è durato fino a luglio 2011 ed è stato uno dei periodi piu intensi della mia vita. Lo studio in Academy è stato davvero intensissimo, la pressione psicologica è tanta perchè sai che ti è concessa un unica possibilità per arrivare a fine corso e devi superare ogni esame con la sufficienza, pena l'espulsione.
A luglio 2011 finalmente ho superato l'esame finale e ho ottenuto la licenza di "studente cta", grazie alla quale a dicembre ho iniziato l'addestramento pratico presso l'aeroporto di Alghero, mia sede di assegnazione da parte dell'azienda.
L'addestramento operativo mi ha portato a conseguire la licenza cta a fine marzo 2012, alla quale è seguita ad aprile la tanto attesa firma del contratto di lavoro.
A giugno ho conseguito la seconda abilitazione necessaria per lavorare ad Alghero e finalmente ora posso dire che il sogno si è avverato. 



Ora il mio destino è di restare ad Alghero sicuramente per qualche anno e poi con il tempo potrò chiedere il trasferimento a Verona ma ci vorranno anni.


Credo non sia possibile descrivervi la sensazione che ho provato la prima volta in cui mi sono reso conto che stavo facendo il lavoro dei miei sogni e gli aerei con cui stavo parlando erano nelle mie mani.


Arrivare fino qua è stata davvero dura,momenti di sconforto e ostacoli erano continui ma quando hai una meta in testa devi puntare dritto a quella. 
La parte più dura è stata sicuramente quella economica, fino a quando non ho firmato il contratto di lavoro ricevevo una borsa di studio con la quale pagare l'affitto di casa e poco altro ma tutto il resto è arrivato dalla mia famiglia che con due misere pensioni ha dovuto fare enormi sacrifici, soprattutto al momento del mio trasferimento in sardegna; per me  lavorare per "arrotondare" era impossibile sia per motivi di tempo che contrattuali.



Auguro ad ognuno di voi di raggiungere il proprio sogno siate pronti a fare qualunque lavoro intanto che aspettate il momento giusto, come ho fatto io, ma non mollate mai di vista la vostra meta.


In bocca al lupo a tutti!

sabato 11 agosto 2012

VIVERE AGLI ANTIPODI


Ciao a tutti,
mi chiamo Sabrina ed ho 31 anni.  Partita a marzo 2010, spinta da un’onda demotivazionale che mi impediva di stare ferma e non fare nulla ho deciso di andare, ma dove? Certo, mi sarei dovuta mantenere da sola quindi dovevo scegliere un paese che mi permettesse facilmente di farlo. Dopo varie ricerche ho realizzato che fosse l’Australia il posto adatto a me ed effettivamente lo era! Arrivo di mercoledì sera ed il venerdì già mi confronto con il mio primo giorno di lavoro in pizzeria che mi permette di pagare i primi affitti. Dopo un mese e mezzo lavoravo come insegnante d’italiano in due scuole private. Presa dall’entusiasmo di un mondo professionale che c’è e da un’economia che funziona ho avuto altre due importanti esperienze lavorative. Alla fine il visto è scaduto e dopo un anno sono ritornata a casa ed ho ripreso il mio vecchio impiego che fortunatamente mi ha aspettato.
Che dire? Non era certo la mia prima avventura all’estero ma è stata sicuramente la più significativa. Forse perchè stavo dall’altra parte del mondo, forse perchè per un anno intero non ho visto né amici né parenti, forse perchè ero ufficialmente un’extracomunitaria alle prese con ufficio dell’immigrazione, assicurazione sanitaria e visti ma lo rifarei e lo consiglio a tutti coloro che hanno voglia di lasciare il nostro bellissimo paese in cerca di una situazione economica e professionale migliore. Bisogna cominciare dal basso ma poi l’Australia ti permette piano piano di farti strada se sei in gamba. La mia cara Melbourne è stata infatti eletta citta’ piu’ vivibile nel 2011!
L’Australia non è solo lavoro, anche se devo ammettere che per me lo è stato per buona parte. L’Australia ma soprattutto Melbourne è anche un “mini mondo” come piace definirla a me. Un luogo dove si concentrano tutte le culture del nostro pianeta, dove  se ti vuoi fare una cenetta fuori hai solo l’imbarazzo della scelta: thailandese, francese, cinese, italiano, un crogiolo di lingue e religioni che riescono a convivere pacificamente nel rispetto reciproco. Anche per questo, una volta ritornata in Italia, non mi sono reinserita facilmente nel tessuto sociale: fascisti contro comunisti, cristiani contro musulmani, l’eterno “bianchi contro neri” ed il nuovo “poveri contro poveri". Mi ero dimenticata della mancanza dell’accettazione del diverso e dell’intolleranza che regna dalle nostre parti, resa ancora più acerba dalle difficoltà economiche che ti portano a buttare fuori dal letto chi è vicino a te perchè la coperta si sta accorciando.
E poi arriva il ritorno e  con lui quella strana sensazione di sentirsi straniera a casa tua, dove sei nata e cresciuta, in mezzo agli amici di sempre. Come mi disse un mio ex collega della scuola d’italiano a Melbourne in merito al ritorno alle terre natìe «tutto è sempre lo stesso, tranne te». Fortunatamente dopo qualche mese il senso di disiorientamento è passato ed ho ricominciato a pedalare all’italiana ma il pallino rimane e rimangono fortunatamente buona parte delle amicizie fatte, persone culturalmente ai tuoi antipodi ma con le quali condividi gli stessi sogni, speranze o semplicemente voglia di avventura e per questo a volte li senti così vicini e riesci a stringere amicizia così facilmente.
La cosa più bella che mi è rimasta? Non sono i paesaggi stupendi, non sono i canguri né i koala, non è l’esperienza lavorativa e neanche la fluidità acquisita nell’inglese ma sono proprio loro: quelle persone che ho conosciuto durante il cammino, quelle che sono rimaste fino alla fine, quelle che hanno fatto solo una piccola comparsa e quelle che ancora ci sono!
Sabrina Torretti

mercoledì 8 agosto 2012

VOI COSA NE PENSATE?

Ciao ho letto la tua intervista su un portale straniero e mi ha colpito molto. Mi ha colpito perche' mi trovo nella tua stessa situazione, con l'aggravante che ho piu' anni di te, cioe' 39. Per fortuna non ho una famiglia a carico altrimenti sarei nei guai. Mi chiedo se è mai possibile che tutte le qualifiche che ho preso non servano proprio a niente? Ho studiato a Londra dove mi sono laureato in Storia e poi ho preso un Master in Filosofia sempre all'Universita' di Londra. Ti allego il mio cv in inglese perche' non mi va di stare ad elencare quello che ho fatto ma solo per farti capire la rabbia che uno prova (e che penso provi anche te). Che si puo' fare? Un partito, un movimento che faccia solo pressione sui politici perche' si affrettino a fare le riforme che servono? Io (non so tu come la pensi) credo che questo governo Monti sia infinitamente meglio del precedente. Stanno provando a fare dei cambiamenti ma credo che i risultati si vedranno fra qualche anno. Il problema e' che l'emergenza lavoro e' ADESSO. Francamente non so come si possa risolvere la faccenda se non accontentandosi di lavori mediocri quando uno li trova visto che sta diventando difficile anche trovare lavori non qualificati. Io, per conto mio, mi trovo di fronte alla concreta possibilita' di dover andare a scaricare cassette ai mercati generali di Roma per poter guadagnare qualche soldo ad agosto. Non c'e' molto altro da aggiungere purtroppo. Comunque in bocca al lupo e speriamo bene. Fabio

martedì 7 agosto 2012

IO SCELSI DI SOGNARE, MA A CHE PRO?


Ciao Alessia,


come tanti giovani italiani ho letto la tua storia e altro non è stato che la conferma di essere in "buona" compagnia, così ho pensato di scriverti.



Mi chiamo Anna, ho 27 anni, romagnola d'origine e sono laureata in Giornalismo e Cultura Editoriale. Scrivere in cosa sono laureata mi fa sempre sorridere un po' perché, da qualche anno a questa parte, quando mi fanno la fatidica domanda "E tu cosa fai?" purtroppo altro non si può fare che rispondere "sono laureata in...", non abbiamo nessuna possibilità di dire che siamo dei professionisti ma solo dei laureati (o in certi casi persino pluri laureati) in qualche cosa che non ci sta dando non solo un lavoro ma nemmeno un modo per vivere. E allora che cosa facciamo? Diciamo "sono laureato/a in...ma al momento sto..." e se Dio vuole diciamo che abbiamo un lavoro temporaneo che ci permette di racimolare un po' di euro per andare a bere una birra la sera o fare tre giorni di mare a luglio. Ecco cosa siamo diventati. Un popolo di laureati che sopravvive.



Personalmente mi descriverei come una che ci ha voluto credere. La mia situazione economica, a partire dai miei 15 anni, non è stata mai rosea ma, come ripeto, io ci ho sempre voluto credere e, allora, lavorando d'estate durante il Liceo e lavorando tutto l'anno durante l'Università, ho deciso comunque di inseguire il sogno e studiare per diventare una professionista della comunicazione. Ho fatto tutto il percorso completo, il famoso 3+2 che altro non è che un modo molto furbo per rubarci più soldi e l'ho fatto tutto a spese mie, pagando sempre l'intera retta. Sì perché in Italia se un membro della tua famiglia possiede una casa, quella in cui vivi, allora non rientri nella categoria che necessita di un aiuto economico da parte dello Stato perché se hai fame ti mangerai i mobili e se non hai soldi venderai la casa, mi sembra ovvio. Comunque, il lavoro nobilita l'animo, e tra una cosa e l'altra, durante gli anni universitari mi sono pure concessa un Erasmus, due stage (uno non retribuito vicino a casa ed uno a rimborso spese ma a Milano, la città che solo di affitto in doppia ti costa 350 euro al mese e io ne prendevo 300 di rimborso) e pure un tirocinio all'estero tramite la Borsa di Studio Leonardo.



Tirando le somme, ho al mio attivo svariati lavori (promoter, maschera a teatro, bigliettaia, barista, cameriera, impiegata, receptionist, operaia agricola, commessa, paninara) che mi hanno datto da vivere in questi anni, diversi stage formativi che, per fortuna, sono quasi sempre stati davvero formativi e alcune collaborazioni come giornalista/web content editor che mi hanno permesso di entrare nel mondo lavorativo di cui vorrei fare parte ma senza possibilità di un guadagno reale. Leggo ogni giorno di stage/collaborazioni/tirocini non pagati ma, ogni volta, passo oltre o rifiuto io stessa eventuali proposte e, ogni volta che lo faccio, mi sento morire dentro perché penso che forse sto peccando di superbia, che dopo tutto non sono così formata e che magari, facendo qualche sacrificio, potrei riuscire a combinare un lavoro con un tirocinio che poi potrebbe darmi uno sbocco professionale. Però poi penso che io credo nella dignità umana e, per quanto contenuto possa essere, qualunque sforzo lavorativo o prestazione necessita di una retribuzione e allora vado contro il sistema, contro gli amici ingegneri che ti dicono "per me sbagli perché, piuttosto che stare a casa a non fare niente, dopo tutto è meglio fare uno stage" e contro questo (cazzo di) stato italiano che è riuscito persino farci sentire in colpa per i nostri "insuccessi", invece di colpevolizzare se stesso.



Quando ripenso alle mie scelte a volte penso che forse era meglio se, sapendo delle difficoltà economiche e della situazione lavorativa italiana (già palese a mio avviso quando mi sono iscritta all'Università, era il 2004), lasciavo perdere tutto, facevo un corso professionale e diventavo responsabile di reparto in un Trony o una Maison du Monde qualunque. Invece io ho scelto di sognare, ho scelto la mia passione, ho voluto dare ascolto alla mia indole e assecondare quella curiosità che mi ha sempre contraddistinta e che mi diceva che la professione del giornalista o del comunicatore era quella che faceva per me, insomma, ho voluto pensare "forse per me sarà diverso".



Purtruppo non è stato per niente diverso da come lo avevo immaginato e adesso sono stanca. Sono sfiancata dai luoghi comuni, dal fatto che una laurea è diventata un modo per auto penalizzarsi nel mondo del lavoro e dal fatto che tutte quello che ci hanno raccontato era una bugia. Io, come te e come tanti altri ho fatto i compiti a casa: mi sono laureata, ho fatto formazione, ho imparato più lingue e non sono mai stata una bambocciona; ma per cosa? Per decidere di andare all'estero, fare un lavoro di merda, tornare con una lingua migliorata, qualche amico in più su Facebook e un altro anno sulle spalle? Intendiamoci, di esperienze all'estero ne ho fatte e ne vorrei fare ogni giorno della mia vita perché adoro viaggiare, vivere in luoghi stranieri e conoscere nuove persone, ma questa mia caratteristica non deve essere una scusante perché non tutti sono come, non tutti voglio lasciare famiglia, amici e fidanzati per andare a fare il barista a Londra o Sidney, ci sono italiani che, giustamente, voglio nascere, vivere e morire nel loro paese, e sarebbe un loro diritto poterlo fare.



Il mondo politico italiano dice che non dobbiamo farci illusioni, che dobbiamo darci da fare e che siamo noi a dover avere delle idee geniali per sbarcare il lunario e affrontare la crisi, ma se invece di impartire finte perle di saggezza ci parlassero seriamente e ci dicessero "Ragazzi, vi abbiamo preso per il culo e lo abbiamo fatto per anni", non sarebbe un'Italia migliore? Io, almeno, farei pace con il cervello.



Alessia, ti volevo raccontare la mia storia e ho finito per prendere il tuo blog come l'angolo dello psicologo. Ad ogni modo, spero che questa mia e-mail ti sia gradita e che si unisca al coro.



In bocca al lupo per tutto.

sabato 4 agosto 2012

GRAZIE LUCA PER LE TUE PAROLE


Ciao Alessia!

Mi chiamo Luca Guglielmi, frequento la specialistica di Fisica in quel di Trento.

Forse non ti ricorderai di me, ma ci siamo incontrati qualche tempo fa al bar Invidia, dove da perfetto sconosciuto ti avevo praticamente insultata per la tua richiesta di poter leggere l'oroscopo su un giornale.
Si, ok, non il ricordo migliore da far riaffiorare per iniziare una mail, ma è l'unico che ho.

Avevo sentito di una certa Alessia che andava in giro a rompere le scatole a quelli che hanno in mano il nostro futuro, ma solo di recente ho scoperto, un po' per caso, che eri tu.

All'inizio ero solo curioso, quasi stupefatto di aver insultato una celebrità ante tempora, poi un po' alla volta ho letto l'articolo sull'arena, le lettere i commenti… Infine sono arrivato fino al blog. Lentamente, tra un post e l'altro, mi sono reso conto di essere sempre più dentro una situazione in cui le prospettive per il futuro vanno calando, tra l'indifferenza generale e il silenzio assordante sull'argomento. Certo, a volte ne parla qualche trasmissione in tv, dicono delle cose, ma sono sempre loro, all'interno di uno schermo: sembra quasi di guardare un reality, con dei personaggi che interpretano dei ruoli, ma difficilmente li sentivo come "qualcuno di noi".

Leggendo alcune di quelle storie invece ho cominciato a sentire che forse c'era della gente "vera" con le stesse mie ansie, le stesse preoccupazioni e le stesse frustrazioni.

Sono andato a dormire, ma non riuscivo più  a prendere sonno, continuavo a ripensare a quello che avevo letto. Così ho riacceso il computer (e tra l'altro ho dovuto aspettare un sacco perché lo stavo pure formattando :( ), e ho letto i post, ascoltato le tue interviste e guardato i tuoi video, finché alla fine ho deciso di scriverti.

Non so proprio perché ti sto scrivendo, e soprattutto non so cosa scrivere.  Perché alla fine io non sono nella tua situazione, anche se spero di trovarmici tra un anno (spero nel senso che significherebbe aver finalmente finito questa cavolo di facoltà). E soprattutto perché comunque non sarò mai nelle tue condizioni: nella mia vita avrò fatto un decimo delle cose che hai fatto tu, non ho né girato il mondo né imparato le lingue, fatto stage ovunque e, sinceramente, non mi sono ma neanche impegnato come hai fatto tu. Alla fine, mi hanno sempre mantenuto principalmente i miei, e oggettivamente non c'è nulla di cui dovrei lamentarmi con la vita, destino o come si voglia chiamare (ovviamente, basta non tirare in ballo le costellazioni, ecco).

Condivido però le tue preoccupazioni, e la passione per un lavoro che difficilmente verrà riconosciuto e apprezzato  quanto vorrei.

Ovviamente non ho niente di serio da dirti, non posso né aiutarti né assicurarti che un giorno andrà meglio. Però volevo ringraziarti per quello che hai fatto, per aver smosso le acque, averci messo tempo, fatica e soprattutto la faccia. Perché se davvero un giorno le cose miglioreranno, sarà anche grazie a persone come te che ci ricordano che alla fine, vada come vada, non siamo mai soli.

Ti auguro di riuscire a realizzare i tuoi sogni, e dirti che credo che alla fine qualcosa di importante l'hai già fatto.

Spero che tutto ti vada per il meglio e, perché no, se passerai ancora dall'Invidia di rivederti.

Con affetto e riconoscenza,
Luca

venerdì 3 agosto 2012

MANCANO LE ISOLE: HAI RAGIONE SABINA!


Ciao Alessia,
avevo letto di te sui giornali, ma non avevo collegato la tua persona a quel link che mi inviò una ragazza che conosco, tempo fa, forse proprio in quei giorni. Le promisi che, appena avuto tempo, avrei letto con calma di che si trattava e che, come lei mi chiedeva, ti avrei scritto. Ed eccomi qua. Leggo di Italia, di lavoro, di assenza di lavoro, di criteri di valutazione dei curricula, di fughe/ritorni, di domande... capisco perché quella ragazza ha pensato a me. io sono precaria. La mia storia è diversa, meno ambiziosa forse, meno emblematica e "forte" di alcune che leggo.
Sono solo una precaria radicata che vorrebbe tornare nella sua terra a risolvere problemi e a usare conoscenze e competenze acquisite nel tempo.Assolutamente fuori dal mercato, dunque.
Non so bene cosa dirti. Né so come è andata avanti la tua storia personale (la mediatizzazione può avere effetti "perversi"). Io sto proprio per trasferirmi per continuare con questa mia (controproducente) iper-specializzazione.

Ti saluto, con una sola nota critica: le isole, mancano le isole!!! :-)
Un abbraccio e, se ti va di leggere pezzi della mia storia, li trovi sparsi sul mio "intimo" blog.
Abbracci,
Sabina

giovedì 2 agosto 2012

LA CHIAVE PER USCIRNE


Ciao Alessia
sono la mamma di 36 anni che ha scritto sul vostro blog il 25 giugno. Ho un po' di tempo e provo a raccontarti la mia storia, giusto perché la  chiave per uscirne io l'ho trovata e spero che tanti tanti riescano a trovare la loro.
La mia è una storia come tante, mi laureo nel 2002 (tempi ancora abbastanza  felici per il lavoro) e mi propongono un bel lavoro però a tempo determinato (contratto di un anno) accetto subito e a casa disoccupata ci sto davvero poco, 10 giorni, un sogno? pareva... In realtà sono seguiti anni di promesse, solo promesse e tanti contratti a termine fino a che, dopo 6 anni di lavoro per la stessa azienda rimango incinta. Il mio capo rimane di sasso, si arrabbia perché la mia gravidanza è difficile, mi ricatta. Rientro al lavoro che mia figlia aveva solo 3 mesi (lasciandola al nido perché non avevo nessuno che mi potesse aiutare) per paura di perdere il posto e far vedere che nulla era cambiato.Invece mobbing... che poi uno lo capisce dopo quello che ha subito: prima ti distruggono a tal punto che stai male e non capisci. Ovviamente niente rinnovo di contratto, anzi mi hanno lasciato a casa dicendo che non ero capace di fare il mio lavoro. E per 6 anni che mi hanno tenuto a fare allora???? La rabbia è venuta dopo, al momento ero distrutta.
Era il 2009, trovare un posto di lavoro era difficile, per una neo-mamma poi ho cercato per un po' ma mi proponevano solo lavori ripetitivi (data entry), pagati pochissimo, sempre a tempo determinato e con straordinari considerati la normalità.
Allora ho capito che non mi sarei piegata, avevo già pagato abbastanza, mi sono chiesta in cosa ero brava e ho fatto un elenco. Ottima cosa anche per l'autostima ormai sotto zero ;-) Poi mi sono chiesta come si poteva fare business, cioè di quali attività il mercato aveva bisogno.Ne ho scelte un paio che avessero costo di inizio attività nullo, o quasi, e sono andata in  Agenzia delle Entrate. Il personale è stato gentilissimo, mi hanno indicato la forma più economica 
per poter realizzare la mia idea.

Ho in sostanza aperto una partita IVA, con regime dei minimi (che ha davvero poche tasse per i primi anni) e faccio consulenza alle aziende. Gli argomenti all'inizio sono stati quelli che conoscevo dal precedente lavoro, poi via via mi sono allargata. Ho conosciuto dei colleghi e ho iniziato a fare conto terzi.  Mi hanno pagato poco all'inizio, ma ho imparato e la collaborazione è diventata poi bidirezionale. Lavorare in proprio è fantastico perché ti organizzi con gli orari come preferisci e poi i complimenti dei clienti sono gratificazioni che da dipendente non avresti mai...

Ho altre amiche che hanno fatto percorsi simili, si sono stufate di stare ferme ad aspettare e si sono inventate un'attività consulenziale o artigianale e superati i primi mesi duri, ora lavorano. Non si tratta di guadagnare tanto, la  crisi fa strage, ma si lavora, si guadagna in autostima e ci si mantiene. Oggi è una cosa che consiglio. Trovare il coraggio di fare qualcosa, qualcosa in cui si è bravi e cercare di fare business. Tanto parliamoci chiaro: abbiamo  alternative????

un in bocca al lupo a tutti
Mamma di 36 anni 

mercoledì 1 agosto 2012

PICCOLE SODDISFAZIONI

Cari lettori,
oggi mi sono resa conto che in moltissimi stanno parlando del blog! 
Grazie all'articolo di Cafebabel, la notizia è stata ripresa da famose agenzie di stampa quali l'Aise, Emigrazione Notizie e dal Corriere dell'Università.
Ecco a voi i link e continuate a scriverci!


Alessia